Sorvegliare i propri passi
Questa è una regola che può essere applicata in ogni situazione della nostra vita
quotidiana, anche in quelle situazioni che essendo comuni ed ordinarie vengono perlopiù
approntate ricorrendo ai nostri automatismi e alle nostre abitudini.
In un precedente esame di questa regola ci siamo soffermati sul termine” sorvegliare”
che indica la necessità di usare una determinata attenzione, con lo scopo di poter
scegliere correttamente tra azione, inazione e pausa.
Si tratta di osservare attentamente quali siano gli elementi positivi che possano essere
usati vantaggiosamente e quali siano gli elementi negativi che devono essere evitati.
Ora vorrei soffermarmi su un altro termine che è presente nell’enunciato di questa regola
e che mi sembra altrettanto importante; si tratta del termine “ passi”.
La parola passi fa pensare ad un cammino e quindi ad un percorso ed infine ha una
meta che si vuole raggiungere.
Se noi fossimo semplicemente delle formiche non ci porremo alcun quesito perché i
nostri movimenti, i nostri spostamenti, cioè i nostri passi sarebbero direttamente
sorvegliati dalla natura, sarebbero guidati dalle leggi istintive che la natura ha impresso
nel DNA della nostra specie.
All’essere umano, invece, la natura ha concesso la possibilità di compiere scelte volitive
e quindi l’uomo gode di un elevato grado di libertà che, ovviamente, comporta anche un
corrispondente grado di responsabilità.
Pensando alla libertà di scegliere un cammino, un percorso ed una meta, l’uomo
dovrebbe sentire l’esigenza di porsi alcune domande esistenziali del tipo:
“ dove mi trovo?” “ dove vado e perché?” “qual è il significato è lo scopo di questo
cammino che spesso è faticoso ?” “Qual è la mia meta?”.
Rispetto a queste domande ea domande simili sorvegliare i propri passi assume un
significato più esteso è profondo.
Chi guida i nostri passi? Le condizioni accidentali che incontriamo? Vuole una volontà
che obbedisca alla nostra coscienza? E cos’è questa coscienza?
Chi entra nel lavoro fa una scelta precisa, decide una meta e questa metà è la
realizzazione di uno stato di coscienza superiore e adatto alla libertà che la natura ha
concesso all’essere umano. la meta del lavoro e acquisire la dignità di definirci “ esseri
umani” a pieno titolo e non uomini tra virgolette, come diceva Gurdjieff.
Quindi sorvegliare i propri passi si presta ad un uso particolare e specifico quando
siamo all’interno di una determinata situazione ma anche ad un uso generale.

ultima modifica: 2016-06-06T17:45:17+02:00da gierre12
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